L A   S T O R I A 

di Albisola

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SINTESI STORICA  a cura della Dott.ssa  Dede Restagno

La zona di Albisola era già abitata in tempi preistorici; in diversi punti della pianura albisolese, sia alle falde delle colline che circondano Albissola Marina, sia alla base del Colle Castellaro di Albisola Superiore, si sono infatti ritrovati alcuni tipici strumenti in pietra levigata o scheggiata risalenti all'età preistorica. D'altra parte il nome stesso del centro romano che succedette al centro preistorico, Alba Docilia, presuppone una origine remota. Alba (o Albium) significa nella lingua dei liguri preromani città, centro abitato, e si trova ripetutamente in territorio ligure unito ad un aggettivo etnico, derivato cioè dal nome degli abitanti della zona.

Pescatori  tirano la rete sulla spiaggia

Abbiamo, ad esempio, Albium Ingaunum - Albenga, capitale degli Ingauni, Albium Intemelium - Ventimiglia, capitale degli Intemeli, ed innumerevoli altri esempi. Così Alba Docilia doveva essere il centro principale di una tribù ligure di Docilii.

In epoca romana sorse, nella pianura di Albisola, un centro di notevole importanza. Alba Docilia è ricordata in alcuni documenti romani e si trova segnata sulla più celebre carta delle strade dell'Impero Romano, compilata nel IV secolo e conosciuta col nome di Tavola Peutingeriana, dal nome del suo scopritore. Sulla Tavola Peutingeriana Alba Docilia è segnata come stazione della strada romana tra Genua (Genova) e Vada Sabatia (Vado), che era allora un nodo stradale di estrema importanza. La strada romana, il cui percorso si può ricostruire sulla base di alcune scoperte di tombe e di monete, e che coincide col percorso dell'antica strada a monte, rimase in funzione fino all'epoca napoleonica e fu abbandonata soltanto con la costruzione della litoranea. Essa doveva fare il suo ingresso in Albisola dalla parte di Genova al Ponte dei Siri, per poi scendere alla Cappella di San Sebastiano, raggiungere le falde del Castellaro, attraversare la contrada Villa di Albisola Superiore e il torrente Sansobbia, toccare la frazione di Grana e proseguire verso Vado, secondo la tesi più accreditata, per il Bricco Spaccato. In seguito alle invasioni barbariche, la popolazione di Alba Docilia abbandonò le abitazioni della 'pianura e si ritirò su posizioni più facilmente difendibili, secondo un processo storico che si nota, non soltanto qua, ma in tutto il mondo romano. Sorsero allora e si svilupparono due distinti, centri, corrispondenti, in germe, ai due futuri comuni delle Albisole. 

Sulla vetta del Colle Castellaro sorse il castello feudale, che diede il nome al colle. mentre sul fianco del colle stesso si appoggiava la chiesa di San Nicolò, che noi conosciamo nelle attuali forme barocche, ma che si ritiene originaria almeno dell'undicesimo secolo. in base ad una iscrizione murata nel campanile e recante la data del 1067. In quello che doveva poi diventare Albisola Marina, sorgeva invece uno di quei tipici centri diffusori di civiltà e di cultura che furono le abbazie benedettine, cui si deve, nei secoli più bui del medioevo, molta parte dello sviluppo materiale e morale delle popolazioni liguri. Del priorato di San Benedetto in Albisola abbiamo notizia da vari documenti del secolo XII, ma è probabile che esso fosse molto più antico.

Nell'alto medioevo Albisola fu dapprima parte integrante del comitato di Vado, poi del marchesato di Savona, per costituire infine un marchesato a sé, che fu destinato nel 1122 a Guelfo di Albisola, di stirpe aleramica. Morto Guelfo senza figli maschi, nel 1135, il marchesato fu retto dalla vedova Tederata e poi dalla figlia Ferraria fino al 1139, anno in cui Ferraria si sottomise al comune di Genova, impegnandosi a vivere in quella città.

Alla morte di Ferraria, subentrarono a vantare diritti di successione i marchesi del Bosco e quelli di Ponzone, discendenti di due fratelli di Guelfo, e fu così che il feudo di Albisola si trovò diviso, con l'andar del tempo, in molteplici quote, molte delle quali passarono, in seguito a matrimoni, a famiglie estranee alla stirpe aleramica, quali i Malocelli e i Doria.

Fu costituito allora, per una amministrazione unitaria, il Consorzio detto dei Signori di Albisola, che ebbe breve durata perché i vari comproprietari preferirono alienare le rispettive quote, gran parte delle quali fu acquistata dal popolo e dai consoli di Savona, con l'approvazione dell'imperatore Ottone IV. 

Ma a nulla valse la conferma imperiale, perché Genova mosse guerra a Savona, che era alleata con Albenga, col marchese di Finale e con i Savoia, e riuscì finalmente vittoriosa. Il castello di Albisola dovette in quella occasione sostenere un duro assedio, capitolando soltanto quando venne abbandonato dai suoi alleati, e principalmente da Simone, castellano di Stella, che scese a patti con i genovesi.

Genova poté così imporre, nel 1251, a Savona la rinuncia a qualsiasi diritto sul castello e sulle terre di Albisola. 

L'antica chiesa di San Benedetto di Albissola Mare, poi ospedale. La chiesa fu demolita nel 1935, il campanile durante l'ultima guerra. 

Si era frattanto formato in Albisola il Comune, le cui origini si fanno risalire alla fine del secolo XII o all'inizio del XIII.

Ben presto il Comune di Albisola si unì con un patto sancito nel 1277 con i vicini Comuni di Celle e di Varazze. 

Inizia in quel periodo il graduale distacco da Savona; Albisola fu attratta completamente nell'orbita di Genova, che rilevò ad una ad una tutte le quote ancora spettanti alle varie famiglie eredi del marchesato di Albisola, con un processo che si svolse lentamente ed ebbe termine soltanto nel 1290, quando l'acquisto delle ultime quote fu reso possibile da un contributo dello stesso Comune di Albisola.

L '8 maggio del 1343 fu solennemente stipulato tra Genova da una parte ed i Comuni di Albisola, Celle e Varazze dall'altra una convenzione per cui gli uomini delle tre " Università" (o comuni di minore importanza), si univano spontaneamente a Genova, formando una sola Podesteria retta da un Podestà nominato annualmente da Genova, ottenevano di essere considerati e trattati come cittadini genovesi e conservavano la libera amministrazione dei pubblici introiti, nonché il diritto a governarsi con propri statuti civili. Genova imponeva insomma il suo protettorato ai tre comuni già spontaneamente alleatisi con il patto del 1277.

In base alla convenzione del 1343, Albisola, Celle e Varazze dovettero provvedere a munirsi di statuti, ciò che Albisola fece nel 1389. Gli statuti restarono in vigore fino al 1789, anno in cui cessò di vivere la Podesteria.

In questo lungo periodo di tempo, comprendente ben quattro secoli, la storia .di Albisola si riduce ad un elenco di avvenimenti interni di importanza locale o tutto al più riguardanti i rapporti con gli altri comuni componenti la Podesteria, mentre per quel che riguarda gli avvenimenti di più vasta portata dobbiamo guardare ad Albisola come a parte integrante della Repubblica di Genova.

La vita della Podesteria fu caratterizzata, a partire dal 1460 e fino al secolo XVII, da frequenti controversie tra Albisola e Celle da una 'parte e Varazze dall'altra, composte ogni volta dall'intervento di autorità di Genova o di Savona.

Il territorio albisolese costituì fino al 1616 un solo comune, fatta eccezione per una piccola parte del Borgo Inferiore (l'attuale Albisola Marina), che appartenne a Savona fino al 1533, anno in cui il confine fu stabilito al Ritano del Termine e in memoria dell'avvenimento fu eretta una colonna con iscrizione nella località di Redeponti.

I due nuclei principali erano detti Borgo Inferiore e Borgo Superiore. Il borgo inferiore era costituito originariamente dalle contrade di Bruciati, di Ripa e di Colonna, le cui antiche case ancora sussistono al centro dell'abitato odierno. Il Borgo Superiore era costituito dai due rioni di Villa e di Calcinara. Nel primo aveva sede, in una casa di fronte alla chiesa di San Nicolò, il Comune con il Vicario, rappresentante in Albisola del Podestà.

La contrada del Capo, già abitata in epoca romana, ebbe impulso dalla costruzione di una villa da parte della più nobile tra le famiglie albisolesi, quella dei Siri, da secoli estinta. La villa, costruita nel secolo XVI, fu acquistata nel 1667 dalla genovese famiglia Balbi.

Per quel che riguarda la vita economica di Albisola, sappiamo da un atto del 1258 che vi esistevano saline sulla spiaggia, mentre il commercio doveva essere notevolmente sviluppato verso il 1300 tra Albisola ed Acqui. Un più preciso quadro dell'agricoltura e dell'industria albisolese ci è dato dagli statuti del 1389, nei quali numerosi capitoli sono dedicati alla tutela e alla regolamentazione delle varie attività. Risulta dagli statuti che la pesca era in primo piano, giacche un apposito capitolo fissava il prezzo del pesce, consentendo un aumento nei giorni di magro.

Altri capitoli regolavano l'esercizio dell'arte molitoria e di quella dei laterizi, mentre un particolare interessamento era rivolto ai boschi; si proibiva la fabbricazione del carbone ed il taglio degli alberi da frutto e delle querce. Anche la coltivazione della vite era particolarmente tutelata ed il prezzo del vino era controllato. A chi possedeva terre nelle vicinanze dei due fiumi era fatto obbligo di difenderle dalle piene mediante piantagioni di alberi, che era proibito tagliare.

Dagli Annali dello storico genovese Giustiniani ricaviamo inoltre che nella prima metà del secolo XVI Albisola era nota per la bontà degli agli e delle cipolle e per le sue fornaci. Economia, quindi, prevalentemente agricola, affiancata dall'esercizio della pesca e dall'industria della ceramica.

Non si sa in quale epoca abbia avuto inizio in Albisola questa tipica attività, per cui nel secolo XVI il nostro paese era già rinomato in Italia e fuori, sì che troviamo artisti albisolesi chiamati alla corte di Nevers, a quella di Parma; a Lione, a Siviglia. Quest'arte era soprattutto esercitata nel Borgo Inferiore, dove si trovavano gran numero di fornaci. Gli statuti dell'arte dei Figuli di Albisola furono infatti redatti nel Borgo Inferiore e solennemente letti nella Chiesa di Sant'Antonio, nel 1589.

Per completare il sistema difensivo, garantendo una più efficace difesa dal mare, nel secolo XVI, la Repubblica di Genova curò la costruzione di due castelli, uno nel Borgo Inferiore, presso la foce del Sansobbia, l'altro sulla collina del Capo da cui il nome di Torre rimasto alla località.

Essi erano muniti di cannoni, che vi restarono fino all'inizio del secolo XVIII. In quella stessa epoca il castello di Superiore era presidiato da 150 soldati genovesi.

Ma l'avvenimento più importante da registrare durante il lungo periodo della dominazione genovese è lo smembramento del comune. Nel 1616 il Borgo Superiore ed il Borgo Inferiore si separarono, costituendo due distinti comuni e scegliendo a confine il torrente Sansobbia. I boschi comunali rimasero invece indivisi fino al 1855, anno in cui furono ripartiti in ragione di due parti ad Albisola Marina. due parti ad Albisola Superiore ed una parte al nuovo Comune dl Ellera, staccatosi da Albisola Superiore nel 1803 e poi riassorbito nel 1929.

Tale distacco era stato preceduto e preparato dallo smembramento della Giurisdizione ecclesiastica. Dalla chiesa matrice di San Nicolò, che fu fino al 1538 l'unica parrocchia di Albisola, si staccò in tale anno la parrocchia di S. Antonio del Borgo Inferiore, per essere seguita nel 1628 da S. Bartolomeo di Ellera e, molto più tardi, nel 1896, da Nostra Signora Stella Maris di Albisola Capo.

La parrocchia di S. Antonio fu poi riunita pochi anni dopo, nel 1598, all'antichissimo priorato di San Benedetto, nella nuova unica parrocchia di Nostra Signora della Concordia. I due comuni vollero anche avere propri ospedali separati. L'antico piccolo ospedale del Borgo Superiore, dedicato a San Nicolò, serviva originariamente ad entrambi i comuni, ma verso la fine del XVIII secolo Albisola Marina provvide all'allestimento di un proprio ospedale.

Da ricordare ancora, tra gli avvenimenti più degni di nota, sono l'erezione del Santuario della Pace, avvenuta nel 1482 a seguito alla miracolosa conclusione pacifica di una contesa con gli abitanti di Stella, e nel 1414 la nascita di Francesco Della Rovere, il futuro Papa Sisto IV, avvenuta nella contrada di Pecorile, al confine di Celle. Avvenimento questo che portò come conseguenza fama ed onori non soltanto ai Della Rovere, ma anche a numerose altre famiglie albisolesi con loro imparentate, quali i Basso, i Grosso, i Foderato. Nel 1443 nasceva in Albisola, pure in località Bruciati, il secondo Papa Della Rovere, Giulio II. L'ultimo dei Della Rovere, Francesco Maria, Doge di Genova, ereditato in Albisola un vecchio palazzo della famiglia detto la Ca' Grande, ne iniziava nel 1744 la ricostruzione, innalzando una delle più belle ville del settecento italiano, e dandoci un magnifico esempio del così detto barocchetto genovese. Morto lui senza eredi diretti, il palazzo passò ai Grimani, poi ai Grillo-Cattaneo, infine ai Gavotti.

Altre nobili famiglie genovesi, oltre ai Della Rovere, predilessero Albisola quale luogo di villeggiatura. In Albisola Marina i Durazzo vollero gareggiare con i Della Rovere nella costruzione di un'altra magnifica villa e di un parco altrettanto grandioso, l'attuale Villa Faraggiana. Altre ville vi eressero i De Mari e i Gentile, contribuendo così a conferire all'ambiente albisolese un'altra delle sue più peculiari caratteristiche. Nel 1798, a seguito della Rivoluzione francese e della discesa degli eserciti rivoluzionari in Italia, cadeva la Repubblica di Genova e si costituiva la Repubblica Ligure. le due Albisole furono allora governate da due Municipalità. 

La frazione capo vista dalla località Torre.
Nel 1800 il generale Massena, poco prima di rinchiudersi in Genova, si fermava qualche tempo in Albisola, eleggendo a sede del suo quartiere generale il palazzo Della Rovere. Chiusa la parentesi napoleonica e deluse le speranze genovesi di ricostituire la repubblica, con l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna la storia di Albisola nell'ultimo secolo non presenta alcun avvenimento particolare.