L E   VILLE di albisola 


La rampa di accesso a villa Durazzo Faraggiana

La terrazza che copre la galleria delle feste

La stanza da letto e lo studio del marchese Faraggiana

La nicchia dello scalone con il Ratto di Proserpina

La quinta muraria sul lato Est

Il terrazzamento che divide il parco antistante la villa dal giardino all'italiana

La fontana di Diana, cui si contrappone, sul lato opposto del giardino, la fontana di Bacco

Camera degli stucchi

Giardini adiacienti alla Villa Faraggiana

Giardini adiacenti alla villa Faraggiana

Notturno

Il Gazebo

Galleria delle Stagioni

Cappella della Misericordia

Vista Panoramica

Interno Parco

 

VILLA FARAGGIANA

Viale Salomoni 119 - Albissola Marina SV - Tel. 019.480622

orari dalle 15 alle 19 escluso il lunedì


 La genesi della villa va collocata in due fasi comprese tra gli anni 1717-1735 e 1735-1765, periodi nei quali Eugenio Durazzo e il nipote Gerolamo commissionarono numerose opere edilizie in Albissola.

Ma è alla seconda fase, dopo le ristrutturazioni di un complesso di stabili di epoca precedente, che si deve l'inizio della costruzione del palazzo vero e proprio, per il quale Gerolamo Durazzo fece eseguire il progetto da un architetto, verosimilmente genovese, con l'aiuto, per le misurazioni e l'edificazione, di capi d'opera appartenenti a maestranze locali.

Questa prima costruzione, denominata "Palazzo dell'Olmo", doveva presentarsi come un edificio di forma cubica, con due ali brevemente arretrate ed un portico, lungo il pian terreno, con ingresso. Allo stesso anno risale la ristrutturazione di un preesistente "casino".

Nel 1736 fu ultimata la facciata. Due anni più tardi vennero iniziati i lavori per la costruzione dei giardini.

Morto Gerolamo Durazzo, la villa venne trasmessa alla figlia Maria Maddalena, moglie di Marcellino Durazzo, doge di Genova, e da questa alla figlia Maria Francesca, la quale nel 1805 la donò al figlio Marcello. Fu questi a vendere nel 1821 la proprietà a Gerolamo Faraggiana, nobile di Novara.

La villa pervenne quindi per successione diretta a Giuseppe Faraggiana. Morto questi senza prole, il nipote ex frate, senatore Raffaello Faraggiana, gli succedette nella proprietà dell'intera tenuta, che trasmise al figlio Alessandro. Quest'ultimo, avendo avuto la medesima sorte dell'avo Giuseppe, decise, prima che morte gli sopraggiungesse, di lasciare la villa albissolese al Comune di Novara (1961).

Si tratta di un chiaro esempio di villa ligure del Settecento, dalla volumetria circoscritta, immagine in esterno della rigorosa e simmetrica distribuzione interna e dei prospetti, dalla demarcazione netta dei piani, attraverso cornici orizzontali avvolgenti: tutti elementi di indubbia derivazione alessiana, che ci mostrano il fitto e proficuo scambio di esperienze architettoniche, e più ampiamente culturali, tra Genova e il Savonese.

Segno di una tendenza stilistica successiva, invece, è l'aggiunta di due corpi simmetrici, tenuti arretrati rispetto alla facciata. Per quanto riguarda la datazione delle fasi costruttive, i primi veri lavori di edificazione di un palazzo padronale si possono far risalire al 1735 per volere di Gerolamo Durazzo. Documenti pervenuti attestano in tale data le misurazioni compiute dai capi d'opera, di cui ci è giunto anche il nome: mastro G. Costa e mastro Orsolino (si tratta presumibilmente di maestranze locali). Lo scavo delle fondamenta iniziò comunque il 5 luglio ("misure de lavori per i fondamenti") e proseguì fino ad autunno inoltrato. Soltanto col sopraggiungere dell'anno nuovo fu terminata la facciata, con fasce orizzontali, per opera di F. Gebino e G . Testa e con motivi a stucco, dei quali furono autori G. Costa e S. Gervasio, anch'essi artisti del luogo.

Interessante è il motivo decorativo degli esterni, dovuto all'uso di cornici modanate e timpani a rilievo, di bugne sugli spigoli e di medaglioni a stucco, fra i timpani e i cornicioni soprastanti. Soluzione quest'ultima sicuramente inconsueta, rispetto ai trompe l'oeil tipici della decorazione della villa suburbana genovese, ed evidenziante piuttosto una certa influenza francese nel gusto del committente, peraltro già riscontrabile nella coeva villa Durazzo a Cornigliano. Le due ali laterali, sopra le quali corrono lunghe panoramicissime terrazze, vennero aggiunte in un momento compreso tra il 1740, anno in cui Matteo Vinzoni redasse una prima pianta di Albissola Marina, ove è presente il solo corpo di fabbrica centrale con due brevi corpi laterali ed il 1773, quando Gerolamo Brusco disegnò nella sua carta la villa già per intero.

Nel 1751 sono documentate alcune spese, cui forse si potrebbero proprio far risalire i lavori per le gallerie e le terrazze: "28 giugno: provvista di marmi da Pellegrino Staffetti: 600 quadretti, 10 vasi con i suoi piedi, 61 balaustri, scalini, medaglioni, braghettoni per la peschiera".

Quando nel secolo successivo presero dimora nella villa i Faraggiana vennero commissionati non solo interventi di restauro sul palazzo, quali il ritinteggiamento di gran parte degli esterni e la decorazione a finti pergola ti dei muri di cinta della cisterna e del cortile della scuderia, ma anche l'edificazione di nuove costruzioni, come il tempietto neoclassico, in cui è ricavato un bel ninfeo ( oggi adibito a ripostiglio ). Quindi, secondo criteri che collegavano culturalmente la villa all'azienda agricola padronale circostante, si progettarono il frantoio e la distilleria del Sidro nel padiglione per la lavorazione del gelso, sopra un'antica cantina (attuale casa di riposo ).

Molte le ristrutturazioni di case rurali, alcune ad opera dell'ingegnere Giuseppe Frumento di Savona che nel 1877 rialzò la palazzina al Monte e nel 1878 curò il progetto per "La casa detta il granaio", identificabile con l'attuale trebbiatoio, abbellita di motivi decorativi a rilievo di cornici e timpani, armonicamente mutuati dalla decorazione della facciata della villa. Sempre del Frumento il progetto per il senatore Raffaele Faraggiana, onde "ristabilire nell'esistente suo caseggiato all'accesso orientale dell'abitato, quattro fabbriche di stoviglie e costruire contiguamente quattro fornaci" .

Quanto all'interno, lo schema distributivo presenta la consueta successione spaziale: atrio, scala, loggia superiore, salone al piano nobile. Al piano terreno, raccolte attorno all'ampio androne, trovano spazio quattro sale, due sole delle quali visitabili, tutte risalenti alla fase di ristrutturazione ottocentesca, con i motivi decorativi illusionistici sulle volte dei soffitti a serre e pergolati, a sottolineare una concezione di ideale proiezione dell'ambiente esterno nell'interno e, come pure vedremo a proposito dei giardini, dell'interno all'esterno. Nelle stanze, arredo d'epoca (XIX secolo) con qualche pezzo fatto pervenire da palazzo Faraggiana a Novara, e, una pregevole tappezzeria in carta dipinta del la metà Ottocento.

Lo scalone, che si diparte dall'atrio non ha grande pregio artistico. Costruito sullo sventramento del precedente per volere dell'ultimo proprietario, è concluso da un grande lucernario e adornato dal gruppo del Ratto di Proserpina, proveniente da un ninfeo e posto entro una nicchia ricavata contro la parete della prima rampa. Al piano nobile la struttura distributiva ruota, come per il pian terreno, attorno ad un più vasto locale, il salone, ora "stanza della musica" perché vi sono raccolti strumenti del XVIII-XIX secolo, che è l'unica sala, assieme alla più significativa "stanza da letto detta di donna Francesca Durazzo" , che mantiene l'originaria decorazione settecentesca. È quest'ultimo un ambiente in cui traspare equilibrio nel rapporto tra le dimensioni espresse in pianta e l'altezza del vano, decorato con lievi e bellissimi stucchi policromi di una sensibilità pienamente rococò. È il cosiddetto "barocchetto" ligure, ripreso nei motivi delle stoffe che ricoprono l'imponente letto a baldacchino.

All'estremità opposta è invece la stanza da letto di Raffaello Faraggiana, di gusto completamente diverso, impostato sulla statica, ordinata sontuosità dello stile "Impero" (si notino a chiarimento il letto dorato e la grande specchiera). A fianco ad essa lo studiolo con pavimento di laggioni di maiolica dipinta, uguale a quello della galleria a pian terreno.

Tipicamente ottocentesche le altre sale, tra cui la biblioteca ancor ricca di preziosi volumi.

La descrizione della già citata "galleria delle stagioni" nell'ala di ponente è stata volutamente lasciata per ultima. La decorazione di questo salone è imperniata sui temi iconografici di divinità boscherecce e cicliche: così le statue ai due lati della galleria (le Stagioni), il Narciso e la stessa specchiera monumentale posta al fondo, tutte opere di grande rilievo del medesimo autore: Filippo Parodi; così i dipinti, attribuiti a Carlo Giuseppe Ratti, pittore ligure della seconda metà del XVII secolo, nella quinta e sesta campata della volta raffiguranti Diana e Atteone, la caccia di Diana e il mito di Proserpina.

Il pavimento è ricoperto da uno splendido "tappeto" policromo di piastrelle settecentesche di ceramica. Inserita nell'ala di levante è poi la cappella consacrata "sotto il titolo di Nostra Signora della Misericordia" da M. Francesca Durazzo e Giuseppe M. Durazzo. Si tratta di un ambiente dalle vivaci tinte cerulee con stucchi dorati di gusto settecentesco. Notevole l'affresco di Giovanni Agostino Ratti, padre di Carlo Giuseppe Ratti, raffigurante l'Apparizione di Nostra Signora della Misericordia al Botta, confrontabile con quella analoga eseguita per la cattedrale di Savona in occasione del secondo centenario dell'apparizione.

Nella cappella sono tutt'oggi conservati i paramenti sacri: pianete settecentesche con motivi flore ali tipicamente d'epoca, e piviali di egual gusto.

Nel percorrere il lungo viale d'accesso, il visitatore può notare con chiarezza il palazzo, alto sui terrazzamenti geometricamente ripartiti del giardino, e la piana circostante che, seppure oggi per breve appezzamento, ancora si estende a levante della villa, ben visibile oltre l'imponente arco di trionfo. È immediata la percezione di come felicemente si compenetrino l'intorno rurale, necessario complemento alla struttura socio-economica della villa suburbana ligure settecentesca e la casa nobiliare e il giardino, senza che l'uno aspetto prevalga mai sull'altro.

Alle spalle del palazzo una tolta macchia di bosco, che ricopre le pendici della collina, ben contrasta con la regolare partizione delle siepi del giardino, mettendo ancor più in rilievo il blocco rosso dell'edificio.

Si comprende qui quanto prima accennato a proposito della maniera in cui mirabilmente l'esterno penetra e pregna di sé l'interno, e di come parimenti lo spazio esterno sia natura, cui l'intervento umano conferisce valenza di spazio architettonico, quale estensione ideale di casa all'aperto.

E evidente qui come la sistemazione del giardino, avvenuta per la maggior parte nel XVIII secolo, sia stata progettata proprio con il precipuo scopo di "umanizzare il paesaggio". I grandi cannocchiali prospettici dei viali calano sul terreno una solida maglia di visuali incrociate secondo una classica impostazione di linee ortogonali, tutte indicate da un preciso centro ottico di riferimento. Concorre a questo sottile gioco di rimandi il sapiente sfruttamento dei dislivelli del terreno, secondo una percorrenza a salire in lenta progressione" (Ricchebono).

Infatti a partire dal 1737 il giardino, originariamente sito sul lato ovest e chiuso da cancello, subì importanti modificazioni che lo portarono verso il suo definitivo ed attuale aspetto. A questa data deve essere ricondotta la costruzione dei viali di raccordo della proprietà con la marina e la riva del fiume, conseguenti all'acquisto fatto da Gerolamo Durazzo dei "siti arenili" alla sponda del Sansobbia. L'acquisto era condizionato dall'obbligo di terminare entro quattro anni il molo, già iniziato dalla Comunità di Albissola, per riparo dalle alluvioni, e di proseguire una strada pubblica fino al mare, lasciando però un passo aperto "a comando pubblico" cioè ad uso del popolo, fissato da Maddalena e Francesco Maria Durazzo nel " Viale di Mezzo", con cancello per puro ornamento, ancora oggi esistente in via Salomoni.

I lavori di costruzione dei viali proseguirono, come si ricava dai libri dei conti dei Durazzo, negli anni 1717, 1745, diretti da mastro G. Costa fino al 1742. Nel 1737 fu terminato il molo, nel 1738 è la volta del passaggio pubblico, ed infine nel 1742 il portone in cima al boschetto con il "Portaro della Speranza" e quindi la "Muraglia del viale che divide con la spiaggia del mare". Tra il 1742 ed il 1744 nuove acquisizioni di terre segnano l'espansione della tenuta Durazzo verso la sponda del Sansobbia ed il mare, nonché in direzione Grana, e della Colletta.

Nella carta del Vinzoni del 1733 il parco presenta già l'attuale espansione del fronte del palazzo con le partizioni geometriche del giardino all'italiana, simmetriche all'asse del nuovo accesso alla villa. All'iniziativa del Faraggiana si deve invece la costruzione, all'inizio di questo secolo, della parte di giardino immediatamente antistante il palazzo, coperta di aiuole dalle forme irregolari, disposte attorno alla vasca centrale e disseminate di piante d'alto fusto, per lo più cedri e magnolie.

Della statuaria settecentesca del parco restano le fontane con Bacco e Diana incluse nella concavità dei muri di cinta decorati con delicate policromie, rilievi di stucco di influenza rocaille, cimose dalle sagome mosse e vaghi puttini. Dal muro ovest si accedeva al terrapieno, ricavato a quota del piano nobile, comunicante col retro della villa e sito alla base d'una grande cisterna, sul cui bastione seguitava a correre il muro di cinta. Questo è interrotto al centro da una grotta con ninfeo, ai cui lati sono collocate due nicchie; quella a destra con statua di Apollo, l'altra modificata nel corso dell'800 con l'erezione di una torretta, ospitante attualmente una enorme statua, verosimilmente prima collocata sotto l'arco di trionfo.

Nel muro di sostegno del terrapieno est del giardino, il cui parapetto si affaccia con vera finestra sulla campagna sottostante, è ricavata un'altra piccola grotta con ninfeo, che resta così proprio sotto il gruppo di Diana, posto sulla fontana nell'estrema ala orientale del giardino.



villa Gavotti ->villa De Mari ->villa Balbi

su www.albissola.com