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Il
leudo del mercante
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di
Gian Piero Martino
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LEUDO DEL MERCANTE
Si trattava forse di un
leudo che viaggiava carico di recipienti di ceramica da cucina d’uso
comune, naufragato sui fondali varazzini in età
tardo-rinascimentale. La presenza di un relitto, segnalata del 1990
nelle acque di Varazze dai subacquei Sardi ed Andreone ha
determinato da parte della Soprintendenza Archeologica della Liguria
l’elaborazione di un paino d’intervento, supportato dalla
consulenza ministeriale del Servizio tecnico per l’archeologia
subacquea, articolato in due fasi: una preliminare di ricerca e di
documentazione ed una seconda di selezione delle metodologie da
utilizzare per la protezione e per la ricopertura. Il deposito
archeologico che aveva l’aspetto di un cumulo ellittico di cinque
metri per otto, giaceva a circa un miglio e mezzo dalla costa, di
fronte al porto di Varazze, ad una profondità compresa tra i 44 e i
46 metri, molto vicina, quindi, ai limiti di sicurezza stabiliti per
i lavori con autorespiratori ad aria. Già nello strato superiore
erano chiaramente individuabili diverse forme intatte, rimaste in
situ fin dall’epoca del naufragio; ultimata quindi una pulizia
superficiale si praticò il primo saggio stratigrafico. Rimosse
quattro pile di bacini sovrapposti e stivati capovolti, con al
centro un vaso tronco/conico contenente un boccale, tornava alla
luce un breve settore dello scafo: due costole ed un tratto di
chiglia. Le indagini degli anni successivi hanno consentito l’allargamento
dello scavo con il recupero di altro materiale fittile e di elementi
lignei e di fissare la data del naufragio in un periodo compreso tra
il 1545 e il 1625. L’imbarcazione era adibita al trasporto di un
carico formato prevalentemente da recipienti ceramici da cucina d’uso
comune, disposti ordinatamente sul fondo dello scafo, senza alcuna
protezione. Trattandosi di forme quasi esclusivamente circolari, gli
angoli delle pile di recipienti stivati al contrario (bacini e
giare) erano utilizzati secondo il principio del massimo
sfruttamento dello spazio utile per la collocazione di cantari,
pentole, vasi da fiori, posti con l’imboccatura in alto, all’interno
dei quali erano a loro volta alloggiati esemplari di minore
dimensione come piccole pentole e boccali. Buona parte del materiale
recuperato arreda attualmente le cucine di Palazzo Spinola in piazza
Pellicceria e può essere quindi ammirato in questa sede.
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